Rottweiler

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La sua origine è comune alla maggior parte dei molossoidi; è quindi remota e ha come progenitore il Mastino tibetano. Cani di tipo molossoide erano presenti in tutta la Germania già in tempi antichi. Questi cani prendevano il nome dalla diversa zona di questo Paese. Il nome di questa razza infatti deriva da quello della città di Rottweiler, dove era molto diffuso il “cane dei macellai”, un antico cane in grado di difendere la proprietà, fare la guardia, di trainare carretti e di eseguire tanti altri impieghi. Oggi è un cane molto temuto, per colpa di persone che lo acquistano solamente per avere un cane temibile, addestrandolo in modo errato. In realtà il Rottweiler, pur essendo un cane predisposto alla difesa, è fondamentalmente buono e leale sempre.

Aspetto generale

Cane di taglia superiore alla media. Il suo corpo è ben muscoloso e leggermente allungato rispetto all’altezza. Cane compatto e molto vigoroso. È una razza evocante forza, ma anche elasticità e grande resistenza. Corpo molto muscoloso e di eccellente tonicità. Possiede delle mascelle eccezionalmente forti.

Carattere

E’ un cane tranquillo, fedele con coloro che considera amici, ma si rivela un temibilissimo difensore e guardiano nei confronti di intrusi o estranei. È una razza dotata di grande coraggio. È dotato di un morso potentissimo. È considerato anche un ottimo cane per la famiglia e da compagnia. Incredibile a dirsi, ma è considerato anche un ottimo cane da pista. È una razza interessantissima per le sue molteplici attitudini. È facilmente addestrabile, infatti la maggior parte degli esemplari di questa razza lo sono. Quasi tutti i soggetti sono molto dominanti. Assolutamente non bisogna mai accentuare l’aggressività di questa razza. Per quanto riguarda la salute è un cane molto rustico e robusto, che non ha problemi particolari di nessun genere. Si può benissimo tenere in casa, dove ama stare, ma può benissimo vivere anche all’aperto, basta che gli si assicuri un giusto esercizio fisico quotidiano.

 

Rottweiler

Nalle, cucciola Rottweiler a 6 mesi ( proprietà di Luca Dioguardi www.difossombrone.it )

Rottweiler (foto www.agraria.org)

 

Standard

Altezza:
– maschi tra i 61 ed i 68 cm
– femmine tra i 56 ed i 63 cm.

Tronco: tronco ben muscoloso, leggermene allungato rispetto all’altezza; compatto e vigoroso, evocante forza, resistenza ed elasticità. Petto largo e profondo; dorso è diritto, robusto e teso.
Testa e muso: la testa è imponente, di media lunghezza; il muso è lungo come il cranio (rapporto 1:1).
Tartufo: molto ampio, con narici ben aperte; sempre scuro.
Denti: completi nello sviluppo e nel numero. Dentatura molto forte.
Collo: robusto e asciutto, privo di giogaia.
Orecchie: sono di grandezza media, pendenti, di forma triangolare, molto distanti tra loro, attaccate alte.
Occhi: sono molto scuri, d grandezza media, a mandorla.
Arti: sono bene in appiombo, di ossatura robusta, ben muscolosi.
Spalla: con buona inclinazione.
Andatura: rapida, sciolta e disinvolta. Scattante nei movimenti.
Muscolatura: di eccellente sviluppo.
Coda: la coda robusta veniva tradizionalmente tagliata corta e portata orizzontalmente. Attualmente lo standard prevede che la coda non possa più essere amputata, ma questa regola non è seguita in tutti i Paesi ma, ad esempio, in Germania sì.
Pelo: di lunghezza media, duro, compatto, aderente, disteso; presenza di sottopelo.
Colori ammessi: nero con focature ben delineate, di colore bruno fulvo saturo, sulle guance, sugli occhi, sul muso, sulla parte inferiore del collo, sul petto, sulla parte interna degli arti, sulla radice della coda.
Difetti più ricorrenti: prognatismo, enognatismo, appiombi irregolari, movimento scorretto, ambio, carattere aggressivo o timido, monorchidismo, criptorchidismo, mascella deviata, occhio chiaro, orecchie portate male, mancanza di premolari, tartufo depigmentato, retrotreno difettoso, piede di lepre, testa stretta, muso lungo, misure fuori standard, colori non ammessi, focature eccessive o poste in zone non previste dallo standard, angolazioni insufficienti, muscolatura insufficiente.

a cura di Vinattieri Federico – www.difossombrone.it

Maltrattamento Animali

Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia.

Capitolo II Articolo 3:

“Nessuno causerà inutilmente dolori, sofferenze o angosce ad un animale da compagnia.

Nessuno deve abbandonare un animale da compagnia.”

La legge n°189 del 20 luglio 2004 contiene le disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli animali in combattimenti clandestini o in competizioni non autorizzate.

Viene inserita così una modifiche al codice penale, nel Libro II del codice penale viene aggiunto il Titolo IX bis – “Dei delitti contro il sentimento per gli animali”.

Cosa fare quando si intende segnalare un caso di maltrattamento? Chiunque, che sia privato cittadino o un’associazione, può rivolgersi ad un qualsiasi organo di Polizia Giudiziaria (Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza, Corpo Forestale, Vigili Urbani, etc…) segnalando uno dei casi di illeciti previsti dalla nuova legge e richiedendo un intervento per accertare il reato ed impedire che questi venga portato ad ulteriori conseguenze.

Inoltre, presso molti comuni italiani, è istituito lo Sportello per i diritti degli animali aperto al pubblico per informazioni e segnalazioni.

Dalla LAV , al numero telefonico 06 4461325 , verranno fornite risposte e sostegno alle segnalazioni di maltrattamenti. Gli aggiornamenti sulle iniziative in corso saranno disponibili sul sito www.infolav.org, gli aggiornamenti normativi sul sito www.reteambiente.it

Combattere il randagismo, non il randagio.
Il paradosso è abbandonare un cane per poi lamentarsi dei cani randagi.

Molto più spesso di quanto si immagini il cane, il gatto o addirittura il furetto, viene abbandonato sulle strade fuori città oppure davanti ad un canile ma anche in piena autostrada.

Ogni estate in Italia vengono abbandonati circa 100mila cani e 50mila gatti. Siamo noi che causiamo il randagismo, non i cani e i gatti.

E’ la mancanza di coscienza civile e di senso di responsabilità che porta a lasciare il proprio cane o gatto per strada perché non lo si vuole più in casa.

L’abbandono è un reato punito dal Codice penale (art. 1 comma 3 Legge 189/2004) : “chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro”.

Si dovrebbe riflettere a lungo prima di decidere se avere o no un animale nella propria casa: sarà una convivenza di parecchi anni, che cambierà radicalmente alcune abitudini della nostra vita e della nostra famiglia. Rendersi conto di non poter accudire il cane potrebbe costringere alla scelta dolorosa di doversene separare.

In questo caso non si dovrebbe arrivare a sbarazzarsene attraverso sistemi incivili: esistono delle strutture (canili e rifugi) che, seppure tra mille difficoltà, ospitano il cane per poi renderlo adottabile.

Quasi sempre a causare problemi agli animali sono proprio gli esseri umani: maltrattamenti, abbandoni, combattimenti, e tutti quegli atti che possono avere come conseguenza la sofferenza o la morte di animali.

Ma, senza arrivare a situazioni estreme come quelle descritte, in varie occasioni a noi più consuete, si può rischiare di incrementare, senza volerlo, lo stato critico in cui versano quasi 150.000 tra cani e gatti ospiti dei canili italiani. Solo nel periodo tra il 21 giugno e il 31 agosto 2008 sono stati abbandonati in Italia, su strade e autostrade, 14.000 cani.

Anche i cani cosiddetti di razza sono vittime delle mode! Grazie ad un film, ad una pubblicità, il cane o il gatto divetta oggetto di “tendenza”. Ma non deve essere certo la moda il motivo che ci induce a scegliere un cane.

Vaccinare il Cane e il Gatto

Vaccinare il cane e il gatto. E’ necessario sempre seguire le istruzioni del proprio veterinario circa le vaccinazioni da effettuare al proprio cane o gatto.

Attenzione alle truffe.

Al momento dell’acquisto o adozione, accertarsi che la documentazione sanitaria che accompagna il cucciolo sia completa e accreditata: se il cucciolo è stato vaccinato deve avere un libretto con data, etichette dei vaccini, timbro e firma del veterinario.Oltre alle notizie del cane: età, sesso, data di nascita, numero microchip.

E se arriva da lontano? Un animale da compagnia importato, per essere in regola con la normativa europea e garantire una profilassi corretta, dovrebbe avere non meno di 111 giorni (tre mesi minimi per l’ingresso in Italia più 21 giorni dalla data della vaccinazione antirabbica indispensabile per il rilascio del passaporto).

Importazione e esportazione di animali da compagnia.

La Comunità Europea ha stabilito delle regole precise di prevenzione contro il commercio illegale di animali, indicando le direttive per l’importazione legale e controllata degli animali da compagnia.

Divieto di introduzione in Italia di cani, gatti e furetti di età inferiore a tre mesi, sia se spediti per fini commerciali e sia se movimentati al seguito dei rispettivi proprietari o responsabili”: questo è quanto ribadito con una circolare dal Ministero della Salute facendo riferimento al Regolamento 998/2003/CE art.5 paragrafo 2.

Leggi da rispettare, altrimenti si tratta di traffico clandestino.

L’ultimo rapporto 2008 dell’Osservatorio nazionale zoomafia della Lav parla di 500 mila cuccioli importati illegalmente dai Paesi dell’est ogni anno in Italia.

Non avendo i cuccioli nessuna profilassi vaccinatoria, sono portatori in tutta la comunità europea di molte patologie (cimurro, parvovirosi, epatite, rabbia, ecc) che mettono in pericolo si la vita stessa dell’animale sia quella degli animali che già vivono sul territorio.

Molto spesso commercianti senza scrupoli, che alimentano un vergognoso mercato clandestino, importano animali di età notevolmente inferiore a quella consentita (25-30 giorni), senza nessuna copertura sanitaria, in condizioni igieniche pessime e, ovviamente, sprovvisti passaporto.

Alla fine del loro viaggio, i cuccioli trovano posto dietro le vetrine di alcuni negozi compiacenti di animali. Un allevatore serio e appassionato non cederebbe mai i propri cuccioli ad un negozio.

Regole per I nostri cani in citta

Alcune buone abitudini. Bastano pochi ma indispensabili accorgimenti per fa si che la convivenza uomo-cane sia pacifica e soddisfacente.

Strade pulite. Oltre che previsto dalle Ordinanze e dai regolamenti emanati dai comuni italiani, è buona norma di civiltà rimuovere sempre gli escrementi che il proprio cane lascia sul suolo pubblico.

La bustina di plastica o l’apposita paletta con sacchetto, deve essere portata sempre con sé durante la passeggiata con il cane. Molto spesso l’intolleranza verso i nostri amici cani deriva proprio dal comportamento scorretto dei loro proprietari.

Paura dei cani. Ci sono persone che temono i cani o i gatti perché semplicemente non sono abituati a loro o per vere e proprie fobie. E’ nostro dovere rispettare i timori altrui e quando necessario tenere il nostro cane al guinzaglio più vicino a noi assumendo un atteggiamento rassicurante verso chi mostra di averne paura.

Cani grandi e cagnolini. Oltre che di tragiche aggressioni verso persone perfino di famiglia, spesso abbiamo notizia di grossi cani che attaccano, con esiti anche mortali, cagnolini di piccola taglia.

Se è aggressivo con gli altri cani, evitare di lasciare il proprio cane libero di fare ciò che vuole, specie se si trova di fronte ai suoi simili più piccoli.Anche questa dovrebbe far parte delle buone regole del vivere comune. La legge del più forte non è argomento valido né tra gli umani né tra i nostri animali domestici.

Se il cane è particolarmente aggressivo nei confronti di persone o altri animali, sarebbe buona norma da parte del proprietario osservare una particolare attenzione nel condurlo in luoghi pubblici, a non affidarlo a persone che non siano in grado di controllarlo (per esempio bambini o anziani).

Non ci sarebbero razze cosiddette pericolose nei confronti di altri cani e persone, se si osservassero queste poche regole di convivenza e di buon senso.

Viaggiare con i nostri amici

Sono sempre di più le strutture turistiche disposte ad accettare animali (ci sono circa 2.647 alberghi e 680 agriturismo italiani accessibili ai cani): alberghi, agriturismo, spiagge, ristoranti.

In auto (art. 169 comma 6 C.d.S.), in treno, in nave, in aereo: i nostri amici quadrupedi possono seguirci ovunque: basta informarsi per tempo sui regolamenti che le varie compagnie aeree applicano per il trasporto di animali da compagnia e controllare quali sono i treni che in Italia accettano cani, e la loro sistemazione (in Italia o nel Paese estero dove il nostro amico quadrupede ci accompagnerà).

Lo stesso vale per i viaggi in nave: le varie compagnie adottano sistemi diversi per ospitare gli animali. Anche in questo caso è bene contattatare per tempo le compagnie di navigazione per conoscere i regolamenti sul trasporto di animali.

Non dimentichiamo di portare il loro libretto sanitario e l’iscrizione all’anagrafe canina. Nel libretto sanitario sono indicate le vaccinazioni effettuate oltre alle informazioni relative al soggetto (nome, sesso, razza, tatuaggio, indirizzo proprietari).

Viaggiare all’estero

Cani e gatti hanno delle profilassi da seguire per recarsi all’estero, oltre alle normali vaccinazioni, procedure contro parassiti interni ed esterni, da effettuare annualmente. Per determinati Paesi, (Svezia, Inghilterrra, Malta), è necessario fare il “blood test”: un prelievo di sangue del cane su cui verranno effettuati i test per la positività alla rabbia. Questo test deve essere eseguito con determinate tempistiche e scadenze.

Regolamento 998/2003 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 maggio 2003: movimentazione degli animali da compagnia.

Microchip. Dal 1° gennaio 2005 è obbligatorio l’inserimento del microchip sottocute per tutti i cani e gatti nati successivamente a questa data.
Passaporto. Dal 1° ottobre 2004 è obbligatorio per tutti gli animali d’affezione. Per ottenere il passaporto è necessario che il cane, il gatto o il furetto:
abbia già il microchip
sia iscritto all’anagrafe veterinaria dell’ASL di zona.
abbia effettuato la vaccinazione antirabbica.

Il passaporto può essere richiesto dopo 21 giorni dall’effettuazione della vaccinazione antirabbica e non ha scadenza.

Ricordiamo che l’abbandono del cane o del gatto è un reato punito dal codice penale (art. 1 comma 3 Legge 189/2004) : “chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro”.

Un cucciolo in ragalo Pensiamoci Bene

Perché, trascinati da una spinta emotiva, si potrebbe prendere un cucciolo come regalo per i nostri bambini che potrebbero “usarlo” come si fa con un giocattolo.

Ma poi, di fronte all’impegno e all’attenzione che richiede un cane a casa, magari si decide di portarlo al canile o, quando va bene, gli si cercherà un altro padrone.

Molti poi, purtroppo, ritengono ancora normale abbandonare il cane o il gatto che non è più gradito in casa. L’abbandono, oltre ad essere un gesto di grande inciviltà, è un reato punito dal Codice penale (art. 727 titolo IX – bis libro II codice penale)

In occasione di fiere e feste patronali commercianti con pochi scrupoli, allettati da possibili aumenti di richieste di cuccioli, si “riforniscono” da importatori illegali.

In generale, al momento dell’acquisto prestiamo attenzione ad alcuni suggerimenti:

Diffidare da chi propone cuccioli in vendita di molte razze: allevare cani non è un gioco, richiede tempo, denaro e tanta passione. Attenzione a chi dichiara “disponibilità di cuccioli di tutte le razze”. Le razze dei cani sono centinaia allevarle tutte è impossibile.
Il cane deve avere il libretto sanitario con annotate le vaccinazioni effettuate, vidimate dal veterinario, e un certificato di buona salute rilasciato dal servizio veterinario ASL oppure dal veterinario autorizzato ASL. Specifiche leggi regionali tutelano la salute e la movimentazione degli animali d’affezione.
Se di importazione, il cucciolo deve avere un’età non inferiore a 3 mesi: per legge (regolamento della comunità eurpopea 998/2003) 90 giorni è l’età minima per importare un cucciolo che deve possedere il certificato di vaccinazione antirabbica effettuata almeno 21 giorni prima della partenza. Tutti i dati, il numero di microchip, le altre vaccinazioni devono essere riportate sul passaporto del cane.
Il cucciolo dovrebbe restare con la madre almeno fino ai tre mesi di vita. Avrà modo così di apprendere dalla mamma e dai fratelli le nozioni di una normale vita sociale, garantendo così un normale sviluppo fisico e psichico.
Sarebbe bene avere la possibilità di vedere l’ambiente in cui il cucciolo di cane/gatto è cresciuto, che deve essere pulito, senza ciotole con cibo vecchio o residui di cibo; l’acqua pulita indica che viene cambiata spesso e il contenitore (ciotola, secchiello) pulito costantemente.
E’ preferibile poter vedere almeno uno dei genitori del cucciolo.
Conviene sempre chiedere informazioni sulla provenienza del cucciolo o dell’animale adulto ed avere il maggior numero possibile di notizie.
Cercare di avere un contatto diretto con l’allevatore o comunque con il proprietario di uno dei genitori del cucciolo.
Ricordiamo che è vietata la vendita di cuccioli prima dei due mesi di vita. Inoltre è vietata la vendita di cuccioli che non siano stati identificati mediante apposizione di microchip e registrati (Ordinanza Ministero della Salute del 6 agosto 2008. Gazzetta Ufficiale 20 agosto 2008).

Diritti degli animali

L’insieme codificato da disposizioni legislative dei comportamenti umani verso gli animali e delle condizioni di vita degli animali, cui corrispondono responsabilità e doveri dell’uomo (e quindi della società), costituisce i “diritti degli animali”.

Tali diritti sono alla base di tutte le disposizioni che disciplinano il rapporto uomo-animale, sia per la tutela del benessere degli animali, sia per la protezione degli animali.

La prima testimonianza di diritto che riguarda specificatamente gli animali è stata sancita nel 1641 nel Massachussettes. Essa afferma che “nessun uomo può esercitare alcuna tirannia o crudeltà verso gli animali tenuti dall’uomo per il proprio utilizzo” e scaturisce, da un lato dalla vocazione animalista dei colonizzatori inglesi, dall’altro dal contatto quotidiano con gli animali da parte dei nativi.

Durante l’ultimo secolo scienziati, umanisti, zoofili, giuristi, sociologi e politici sono stati sollecitati ad affrontare il problema della tutela della vita animale nella società. Ne è scaturito un ampio dibattito mondiale dagli elevati contenuti etici, scientifici e politici che ha condotto alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Animale proclamata il 15 ottobre 1978 nella sede dell’Unesco a Parigi.

Anche se la Dichiarazione universale dei diritti dell’animale non ha alcun valore sul piano giuridico-legislativo, aver avvertito la necessità di confrontarsi su questo argomento rappresenta, per ogni persona e Paese, un passo avanti ed una scelta di civiltà.

Infatti, negli ultimi 25 anni, sono state emanate numerose disposizioni che confermano i diritti degli animali estendendo la disciplina legislativa ad ogni aspetto del rapporto con l’uomo e ad ogni fase dell’utilizzazione degli animali da parte dell’uomo.

In Italia, tali concetti sono stati chiaramente espressi nel 1961 dal Procuratore Generale della Corte Suprema di Cassazione Prof. Ernesto Eula:

«Per quanto concerne gli animali non si può parlare propriamente di soggettività giuridica mancando in loro quelle doti di razionalità, di libero volere e di responsabilità che sono proprie della personalità; non si può tuttavia considerarli come cose, ma creature sensibili che fanno parte della nostra convivenza, concorrendo ad integrare la nostra collettività. Si pone, naturalmente, in corrispondenza ai diritti degli animali, una somma di doveri per gli uomini, considerati singolarmente e nella loro collettività organizzata, impersonata nello Stato.»

Su questa linea si pone l’Accordo del 6 febbraio 2003 (pdf, 127 KB), siglato in sede di Conferenza Stato Regioni, tra il Ministero della Salute, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano e recepito con DPCM 28 febbraio 2003. L’accordo definisce alcuni principi fondamentali volti a realizzare una maggiore e sempre più corretta interrelazione tra uomo e animali da compagnia, assicurare in ogni circostanza il loro benessere, evitare che siano utilizzati in modo riprovevole e favorire lo sviluppo di una cultura di rispetto per la loro dignità anche nell’ambito delle realtà terapeutiche innovative come la pet-therapy.

La volontà degli organi di governo di riconoscere agli animali dignità di soggetti anche con disposizioni normative risponde all’accresciuta attenzione e diversa sensibilità della società nei confronti del mondo animale.

L’opinione pubblica ha maturato la consapevolezza che, oltre ad occuparsi delle loro condizioni igieniche e sanitarie, è necessario sviluppare un maggiore rispetto anche delle loro esigenze biologiche, delle loro caratteristiche comportamentali e, in generale, del loro benessere.

Il crescente interesse nei loro confronti trova un’ulteriore motivazione in un’organizzazione sociale caratterizzata da nuclei familiari sempre più ridotti e dall’aumento di persone sole che ricevono dai loro amici a quattro zampe sicura soddisfazione al bisogno di affetto e di compagnia. Gli animali d’affezione sono diventati veri e propri membri effettivi delle sempre più numerose famiglie che li accolgono, rivestono un ruolo nuovo e coinvolgente, a volte addirittura positivo per la salute umana.

Protezione animali da compagnia

Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia
Strasburgo, 13 novembre 1987

Preambolo

Gli Stati membri del Consiglio d’Europa, firmatari della presente Convenzione,

considerando che l’obiettivo del Consiglio d’Europa è di conseguire una maggiore coesione tra i suoi membri;

riconoscendo che l’uomo ha l’obbligo morale di rispettare tutte le creature viventi, ed in considerazione dei particolari vincoli esistenti tra l’uomo e gli animali da com­pagnia;

considerando l’importanza degli animali da compagnia a causa del contributo che essi forniscono alla qualità della vita e dunque il loro valore per la società;

conside­rando le difficoltà causate dalla grande varietà di animali tenuti dall’uomo;

considerando i rischi inerenti ad una sovrappopolazione animale per l’igiene, la sa­lute e la sicurezza dell’uomo e degli altri animali;

considerando che il mantenimento di esemplari di fauna selvatica come animali da compagnia non dovrebbe essere incoraggiato;

consapevoli delle diverse condizioni che regolano l’acquisto, il mantenimento, l’alle­vamento di tipo commerciale o non commerciale, la cessione ed il commercio di animali da compagnia;

consapevoli del fatto che gli animali da compagnia non sono sempre tenuti in condi­zioni atte a promuovere la loro salute ed il loro benessere;

constatando che i comportamenti nei confronti degli animali da compagnia variano notevolmente, talvolta per mancanza di nozioni e di consapevolezza;

considerando che una norma fondamentale comune di comportamento e di prassi che porti ad una condotta responsabile da parte dei proprietari degli animali da com­pagnia sia un obiettivo non solo auspicabile ma anche realistico,

hanno convenuto quanto segue:

Capitolo I – Disposizioni generali

Articolo 1 – Definizioni

1. Per animale da compagnia si intende ogni animale tenuto, o destinato ad essere tenuto dall’uomo, in particolare presso il suo alloggio domestico, per suo diletto e compagnia.

2. Per commercio di animali da compagnia si intende l’insieme di transazioni ef­fettuate in maniera regolare per quantitativi rilevanti ed a fini di lucro, che compor­tano il trasferimento di proprietà di tali animali.

3. Per allevamento e custodia di animali da compagnia a fini commerciali si inten­dono l’allevamento e la custodia praticati principalmente a fini di lucro per quanti­tativi rilevanti.

4. Per rifugio per animali si intende un istituto a fini non di lucro nel quale gli ani­mali da compagnia possono essere tenuti in congruo numero. Qualora la legislazione nazionale e/o le norme amministrative lo consentano, tale istituto può accogliere animali randagi.

5. Per animale randagio si intende ogni animale da compagnia senza alloggio dome­stico o che si trova all’esterno dei limiti dell’alloggio domestico del suo proprietario o custode e che non è sotto il controllo o la diretta sorveglianza di alcun proprietario o custode.

6. Per autorità competente, si intende l’autorità designata dallo Stato membro.

Articolo 2 – Settore di applicazione e attuazione

1. Ciascuna Parte si impegna a prendere i necessari provvedimenti per conferire effetto alle disposizioni della presente Convenzione per quanto riguarda:

a) gli animali da compagnia tenuti da una persona fisica o morale in qualsia­si alloggio domestico, o istituto per il commercio, l’allevamento e la custo­dia a fini commerciali di tali animali, nonché in ogni rifugio per animali;

b) se del caso, gli animali randagi.

2. Nessuna disposizione della presente Convenzione è intesa a pregiudicare l’attua­zione di altri strumenti per la protezione degli animali o per la preservazione delle specie selvatiche in pericolo.

3. Nessuna disposizione della presente Convenzione è intesa a pregiudicare la fa­coltà delle Parti di adottare norme più rigorose al fine di assicurare la protezione degli animali da compagnia o l’applicazione delle seguenti disposizioni a categorie di animali che non sono espressamente citate nel presente strumento.

Capitolo II – Principi per il mantenimento degli animali da compagnia

Articolo 3 – Principi fondamentali per il benessere degli animali

1. Nessuno causerà inutilmente dolori, sofferenze o angosce ad un animale da com­pagnia.

2. Nessuno deve abbandonare un animale da compagnia.

Articolo 4 – Mantenimento

1. Ogni persona che tenga un animale da compagnia o che abbia accettato di occu­parsene sarà responsabile della sua salute e del suo benessere.

2. Ogni persona che tenga un animale da compagnia o se ne occupi, deve provve­dere alla sua installazione e fornirgli cure ed attenzione, tenendo conto dei suoi bi­sogni etologici secondo la sua specie e la sua razza ed in particolare:

a) rifornirlo in quantità sufficiente di cibo e di acqua di sua convenienza;
b) procurargli adeguate possibilità di esercizio;
c) prendere tutti i ragionevoli provvedimenti per impedire che fugga.

3. Un animale non deve essere tenuto come animale da compagnia se:

a) le condizioni di cui al paragrafo 2 di cui sopra non sono soddisfatte, op­pure
b) benché tali condizioni siano soddisfatte, l’animale non può adattarsi alla cattività.

Articolo 5 – Riproduzione

Qualsiasi persona la quale selezioni un animale da compagnia per riproduzione, è tenuta a tener conto delle caratteristiche anatomiche, fisiologiche e comportamentali che sono di natura tale da mettere a repentaglio la salute ed il benessere della proge­nitura o dell’animale femmina.

Articolo 6 – Limiti di età per l’acquisto

Nessun animale da compagnia deve essere venduto ai minori di 16 anni senza il con­senso esplicito dei genitori o di altre persone che esercitano la responsabilità paren­tale.

Articolo 7 – Addestramento

Nessun animale da compagnia deve essere addestrato con metodi che possono dan­neggiare la sua salute ed il suo benessere, in particolare costringendo l’animale ad oltrepassare le sue capacità o forza naturale, o utilizzando mezzi artificiali che cau­sano ferite o dolori, sofferenze ed angosce inutili.

Articolo 8 – Commercio, allevamento e custodia a fini commerciali, rifugi per animali

1. Qualsiasi persona la quale, all’atto dell’entrata in vigore della Convenzione, pra­tichi il commercio o l’allevamento o la custodia di animali da compagnia a fini commerciali, o gestisca un rifugio per animali deve dichiararlo all’Autorità compe­tente entro un termine adeguato che sarà stabilito da ciascuna Parte.

Qualsiasi persona la quale intenda praticare una delle predette attività deve farne dichiarazione all’Autorità competente.

2. Questa dichiarazione deve indicare:

a) le specie di animali da compagnia in oggetto o che saranno in oggetto;
b) la persona responsabile e le sue nozioni in materia;
c) una descrizione dei locali ed attrezzature che sono o saranno utilizzati.

3. Le attività di cui sopra possono essere esercitate solamente se:

a) la persona responsabile è in possesso delle nozioni e della capacità necessa­rie all’esercizio di tale attività, avendo sia una formazione professionale, sia un’esperienza sufficiente per quanto riguarda gli animali da compa­gnia;

b) i locali e le attrezzature utilizzate per l’attività soddisfano ai requisiti di cui all’articolo 4.

4. L’Autorità competente stabilisce, in base alla dichiarazione effettuata in confor­mità con le disposizioni del paragrafo 1, se le condizioni di cui al paragrafo 3 sono soddisfatte o meno. Qualora non fossero sufficientemente soddisfatte, l’Autorità competente raccomanda provvedimenti e vieta l’inizio o il proseguimento del­l’attività se ciò è necessario ai fini della protezione degli animali.

5. L’Autorità competente deve, conformemente con la legislazione nazionale, con­trollare se le summenzionate condizioni sono soddisfatte o meno.

Articolo 9 – Pubblicità, spettacoli, esposizioni, competizioni e manifestazioni analoghe

1. Gli animali da compagnia non possono essere utilizzati per pubblicità, spet­tacoli, esposizioni, competizioni o manifestazione analoghe a meno che:

a) l’organizzatore non abbia provveduto a creare le condizioni necessarie per un trattamento di tali animali che sia conforme con i requisiti dell’articolo 4 paragrafo 2 e che

b) la loro salute ed il loro benessere non siano messi a repentaglio.

2. Nessuna sostanza deve essere somministrata ad un animale da compagnia, nessun trattamento deve essergli applicato, né alcun procedimento utilizzato per elevare o diminuire il livello naturale delle sue prestazioni:

a) nel corso di competizioni;

b) in qualsiasi altro momento, qualora ciò possa mettere a repentaglio la sa­lute ed il benessere dell’animale.

Articolo 10 – Interventi chirurgici

1. Gli interventi chirurgici destinati a modificare l’aspetto di un animale da compa­gnia, o finalizzati ad altri scopi non curativi debbono essere vietati, in particolare:

a) il taglio della coda;
b) il taglio delle orecchie;
c) la recisione delle corde vocali;
d) l’esportazione delle unghie e dei denti.

2. Saranno autorizzate eccezioni a tale divieto solamente:

a) se un veterinario considera un intervento non curativo necessario sia per ra­gioni di medicina veterinaria, sia nell’interesse di un determinato ani­male;

b) per impedire la riproduzione.

3. a) gli interventi nel corso dei quali l’animale proverà o sarà suscettibile di pro­vare forti dolori debbono essere effettuati solamente in anestesia e da un ve­terinario o sotto il suo controllo;

b) gli interventi che non richiedono anestesia possono essere praticati da una persona competente in conformità con la legislazione nazionale.

Articolo 11 – Uccisione

1. Solo un veterinario o altra persona competente deve procedere all’uccisione di un animale da compagnia, tranne che in casi di urgenza per porre fine alle sofferenze di un animale e qualora non si possa ottenere rapidamente l’assi­stenza di un veterinario o di altra persona competente, o in ogni altro caso di emergenza configurato dalla legislazione nazionale. Ogni uccisione deve essere effettuata con il minimo di soffe­renze fisiche e morali in considerazione delle circostanze. Il metodo prescelto, tranne che in casi di urgenza, deve:

a) sia indurre una perdita di coscienza immediata e successivamente la morte;

b) sia iniziare con la somministrazione di un’anestesia generale profonda se­guita da un procedimento che arrechi la morte in maniera certa.

La persona responsabile dell’uccisione deve accertarsi della morte dell’animale prima di eliminarne la spoglia.

2. Debbono essere vietati i seguenti metodi sacrificali:

a) l’annegamento ed altri sistemi di asfissia, se non producono gli effetti di cui al paragrafo 1, comma b;

b) l’utilizzazione di qualsiasi veleno o droga di cui non sia possibile control­lare il dosaggio e l’applicazione in modo da ottenere gli effetti di cui al paragrafo 1;

c) l’elettrocuzione a meno che non sia preceduta da un’immediata perdita di coscienza.

Capitolo III – Misure complementari per gli animali randagi

Articolo 12 – Riduzione del numero di animali randagi

Quando una Parte ritiene che il numero di animali randagi rappresenta un problema per detta Parte, essa deve adottare le misure legislative e/o amministrative necessarie a ridurre tale numero con metodi che non causino dolori, sofferenze o angosce che potrebbero essere evitate.

a) Tali misure debbono comportare che:

i) se questi animali debbono essere catturati, ciò sia fatto con il minimo di sofferenze fisiche e morali tenendo conto della natura dell’animale;

ii) nel caso che gli animali catturati siano tenuti o uccisi, ciò sia fatto in conformità con i principi stabiliti dalla presente Convenzione.

b) Le Parti si impegnano a prendere in considerazione:

i) l’identificazione permanente di cani e gatti con mezzi adeguati che cau­sino solo dolori, sofferenze o angosce di poco conto o passeggere, come il tatuaggio abbinato alla registrazione del numero e dei nominativi ed indirizzi dei proprietari;

ii) di ridurre la riproduzione non pianificata dei cani e dei gatti col pro­muovere la loro sterilizzazione;

iii) di incoraggiare le persone che rinvengono un cane o un gatto randagio, a segnalarlo all’Autorità competente.

Articolo 13 – Eccezioni per quanto concerne la cattura, il mantenimento e l’uccisione

Le eccezioni ai principi stabiliti nella presente Convenzione relative alla cattura, al mantenimento ed all’uccisione degli animali randagi saranno accolte solo se sono inevitabili nell’ambito dei programmi governativi di controllo delle malattie.

Capitolo IV – Informazione ed istruzione

Articolo 14 – Programmi di informazione e di istruzione

Le Parti si impegnano a promuovere lo sviluppo di programmi d’informazione e di istruzione al fine di incoraggiare tra le organizzazioni e gli individui interessati al mantenimento, all’allevamento, all’addestramento, al commercio ed alla custodia di animali da compagnia, la consapevolezza e la conoscenza delle disposizioni e dei principi della presente Convenzione. In tali programmi, dovrà in particolar modo essere richiamata l’attenzione sui seguenti punti:

a) l’addestramento di animali da compagnia a fini commerciali o di competi­zione, da effettuarsi da parte di persone con nozioni e competenze specifi­che;

b) la necessità di scoraggiare:

i) il dono di animali da compagnia ai minori di 16 anni senza l’espresso consenso dei loro genitori o di altre persone che esercitano la responsa­bilità parentale;

ii) il dono di animali da compagnia come premio, ricompensa, o omaggio;

iii) la procreazione non pianificata di animali da compagnia;

c) le eventuali conseguenze negative per la salute ed il benessere degli animali selvatici, del loro acquisto o inserimento come animali da compagnia;

d) i rischi derivanti dall’acquisto irresponsabile di animali da compagnia che porta ad un aumento del numero degli animali non voluti ed abbandonati.

Capitolo V – Consultazioni multilaterali

Articolo 15 – Consultazioni multilaterali

1. Le Parti procedono, entro un termine di cinque anni dall’entrata in vigore della Convenzione e successivamente ogni cinque anni, ed in ogni caso tutte le volte che una maggioranza dei rappresentanti delle Parti ne faccia richiesta, a consultazioni multilaterali in seno al Consiglio d’Europa al fine di esaminare l’attuazione della Convenzione nonché l’opportunità di una revisione o estensione di alcune sue di­sposizioni. Tali consultazioni si svolgeranno nel corso di riunioni convocate dal Se­gretario Generale del Consiglio d’Europa.

2. Ogni Parte ha diritto a nominare un rappresentante che partecipi a tali consulta­zioni. Ogni Stato membro del Consiglio d’Europa che non è Parte alla Convenzione ha diritto a farsi rappresentare a tali consultazioni da un osservatore.

3. Dopo ogni consultazione, le Parti sottopongono al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa un rapporto sulla consultazione ed il funzionamento della Con­venzione, includendovi, se lo ritengono necessario, proposte intese a recare emen­damento agli articoli da 15 a 23 della Convenzione.

4. Fatte salve le disposizioni della presente Convenzione, le Parti stabiliscono il regolamento interno delle consultazioni.

Capitolo VI – Emendamenti

Articolo 16 – Emendamenti

1. Ogni emendamento agli articoli da 1 a 14, proposto da una Parte o dal Comitato di Ministri, sarà comunicato al Segretario Generale del Consiglio d’Europa che provvederà a trasmetterlo agli Stati membri del Consiglio d’Europa, ad ogni Parte, e ad ogni Stato invitato ad aderire alla Convenzione in conformità con le disposizioni dell’articolo 19.

2. Ogni emendamento proposto in conformità con le disposizioni del paragrafo pre­cedente, è esaminato, almeno due mesi dopo la data della sua comunicazione da parte del Segretario Generale, nel corso di una consultazione multilaterale nella quale l’emendamento può essere approvato da una maggioranza di due terzi delle Parti. Il testo approvato è comunicato alle Parti.

3. Ogni emendamento entra in vigore alla scadenza di un periodo di dodici mesi dopo la sua approvazione in occasione di una consultazione multilaterale, a meno che una delle Parti non abbia notificato obiezioni.

Capitolo VII – Disposizioni finali

Articolo 17 – Firma, ratifica, accettazione, approvazione

La presente Convenzione è aperta alla firma degli Stati membri del Consiglio d’Europa. Essa sarà sottoposta a ratifica, accettazione o approvazione. Gli strumenti di ratifica, di accettazione o di approvazione saranno depositati presso il Segretario Generale del Consiglio d’Europa.

Articolo 18 – Entrata in vigore

1. La presente Convenzione entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di sei mesi dopo la data in cui quattro Stati membri del Consiglio d’Europa abbiano espresso il loro consenso ad essere vincolati dalla Con­venzione, in conformità con il disposto dell’articolo 17.

2. La Convenzione entrerà in vigore, per ogni Stato membro che esprima successi­vamente il suo consenso ad essere vincolato dalla Convenzione il primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di sei mesi dopo la data del deposito dello strumento di ratifica, di accettazione o di approvazione.

Articolo 19 – Adesione di Stati non membri

1. Dopo l’entrata in vigore della presente Convenzione, il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa potrà invitare ogni Stato non membro del Consiglio d’Europa ad aderire alla presente Convenzione, mediante decisione presa a maggioranza se­condo l’articolo 20 lettera d) dello Statuto del Consiglio d’Europa ed all’unanimità dai rappresentanti degli Stati contraenti abilitati a partecipare al Comitato dei Mini­stri.

2. La Convenzione entrerà in vigore, per ogni Stato membro, il primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di sei mesi dopo la data del deposito dello strumento d’adesione presso il Segretario Generale del Consiglio d’Europa.

Articolo 20 – Clausola territoriale

1. Ogni Stato può, all’atto della firma o del deposito del proprio strumento di rati­fica, di accettazione, di approvazione o di adesione, indicare il territorio o i territori ai quali si applicherà la presente Convenzione.

2. Ogni Parte può in qualsiasi momento successivo, tramite dichiarazione rivolta al Segretario Generale del Consiglio d’Europa, estendere l’applicazione della presente Convenzione ad ogni altro territorio indicato nella dichiarazione. La Convenzione entrerà in vigore nei confronti di detto territorio il primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di sei mesi dopo la data di ricezione della dichiarazione da parte del Segretario Generale.

3. Ogni dichiarazione fatta ai sensi dei due paragrafi precedenti potrà essere ritirata, per quanto concerne ogni territorio indicato nella predetta dichiarazione, mediante notifica inviata al Segretario Generale. Il ritiro avrà effetto il primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di sei mesi dopo la data di ricezione della notifica da parte del Segretario Generale.

Articolo 21 – Riserve

1. Ogni Stato può, all’atto della firma o del deposito del proprio strumento di rati­fica, di accettazione, di approvazione o di adesione, dichiarare di avvalersi di una o più riserve riguardo all’articolo 6 ed al comma a del paragrafo 1 dell’articolo 10. Nessun’altra riserva può essere fatta.

2. Ogni Parte che abbia formulato una riserva ai sensi del paragrafo precedente può ritirarla interamente o in parte inviando una notifica al Segretario Generale del Con­siglio d’Europa. Il ritiro avrà effetto alla data di ricezione della notifica da parte del Segretario Generale.

3. La Parte che ha formulato una riserva nei riguardi di una disposizione della pre­sente Convenzione non può richiedere l’applicazione di tale disposizione ad un’altra Parte; tuttavia essa può, se la riserva è parziale o condizionale, domandare l’appli­cazione di tale disposizione nella misura in cui essa stessa l’ha accettata.

Articolo 22 – Denuncia

1. Ogni Parte può, in ogni tempo, denunciare la presente Convenzione inviando una notifica al Segretario Generale del Consiglio d’Europa.

2. La denuncia avrà effetto il primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di sei mesi dopo la data di ricezione della notifica da parte del Segretario Generale.

Articolo 23 – Notifiche

Il Segretario Generale del Consiglio d’Europa notificherà agli Stati membri del Con­siglio e ad ogni Stato che abbia aderito alla presente Convenzione o sia sta­to invitato a farlo:

a) ogni firma;

b) il deposito di ogni strumento di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione;

c) ogni data di entrata in vigore della presente Convenzione conformemente con gli articoli 18, 19, 20 della stessa Convenzione;

d) ogni altro atto, notifica o comunicazione relativa alla presente Convenzione.

In fede di che i sottoscritti, a tal fine debitamente autorizzati, hanno firmato la pre­sente Convenzione.

Fatto a Strasburgo il 13 novembre 1987 in francese ed in inglese, i due testi facenti ugualmente fede, in un unico esemplare che sarà depositato negli archivi del Consi­glio d’Europa. Il Segretario Generale del Consiglio d’Europa ne trasmetterà copia certificata conforme a ciascuno degli Stati membri del Consiglio d’Europa e ad ogni Stato invitato ad aderire alla presente Convenzione.

Randagismo

Il 14 agosto 1991 è stata approvata dal Parlamento la Legge n. 281 – Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo.

La legge ha rappresentato un elemento di forte innovazione rispetto alla precedente normativa nazionale.

Tra le innovazioni introdotte dalla Legge 281/91 vi è il divieto (art. 2, comma 2) della soppressione dei cani vaganti accalappiati o comunque ricoverati o detenuti presso i canili sanitari come sino ad allora era stabilito dal “Regolamento di Polizia Veterinaria” (RPV) – DPR n. 320 dell’8 febbraio 1954.
Il principio così detto “no kill” introdotto dalla legge 281 ha rappresentato per molti anni una prerogativa unica del nostro Paese. Recentemente anche altri Paesi hanno adottato il divieto di soppressione o hanno progetti di legge in discussione per la sua adozione.

La legge 281/91, all’articolo 8 prevede l’istituzione, presso il Ministero della sanità, di un fondo per la sua attuazione a decorrere dall’anno 1991. Il Ministro, con proprio decreto, ripartisce annualmente tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano le disponibilità di tale fondo.

La Legge prevede, inoltre, l’identificazione dei cani e l’istituzione dell’anagrafe canina a livello locale.

L’ Accordo 6 febbraio 2003 tra il Ministero della salute, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano “in materia di benessere degli animali da compagnia e pet-therapy”, al fine di ridurre il fenomeno del randagismo canino ha previsto una serie di misure quali:

l’introduzione del microchip come unico sistema ufficiale di identificazione dei cani, a decorrere dal 1° gennaio 2005;
la creazione di una banca dati informatizzata, su base regionale o provinciale;
l’attivazione di una banca dati nazionale istituita presso il Ministero della salute (Anagrafe canina nazionale), alla quale confluiscono i dati delle anagrafi regionali. Tale sistema nazionale consente la restituzione al proprietario degli animali che si sono perduti, il monitoraggio della popolazione canina e del rilascio dei passaporti, concorrendo così a ridurre i cani vaganti e prevenire il fenomeno degli abbandoni.

La Legge 189 del 20 luglio 2004 – “Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate”.

La legge 189/2004 apporta modifiche al codice penale ed in particolare introduce, con il titolo IX bis, i “delitti contro il sentimento per gli animali”.
In particolare sono disciplinati i reati di uccisione di animali, maltrattamento di animali, combattimenti tra animali.

Inoltre l’articolo 727 del codice penale è stato sostituito con il seguente:
(Abbandono di animali) – Chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro. Alla stessa pena soggiace chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze”.

Con la legge 189/2004 l’Italia, primo paese in Europa, ha sancito il divieto di utilizzo a fini commerciali di pelli e pellicce di cani (Canis familiaris) e gatti (Felis catus).

Dal 31 dicembre 2008 entrerà in applicazione il Regolamento (CE) n. 1523/2007 dell’11 dicembre 2007 che vieta la commercializzazione, l’importazione nella Comunità e l’esportazione fuori della Comunità di pellicce di cane e di gatto e di prodotti che le contengono.

Rischi del randagismo

Dai dati rilevati sul territorio nazionale risulta che in molte regioni, soprattutto del Sud, il fenomeno del randagismo, ha raggiunto livelli drammatici ed è spesso fuori controllo.

Dall’ultima rendicontazione annuale (riferita all’anno 2006) inviata dalle regioni e dalle province autonome al Ministero della Salute, risultano 6.000.000 cani di proprietà e 590.000 cani randagi di cui solo un terzo ospitati nei canili rifugio.

I cani abbandonati continuano ad alimentare la popolazione vagante, inoltre molte femmine gravide partoriscono ed i cuccioli che non muoiono di stenti, diventando adulti, rappresentano un ulteriore serbatoio di randagi.
Alcuni di questi cani inoltre sono poco socializzati con l’uomo e si trasformano in soggetti “inselvatichiti” il cui controllo è più problematico, soprattutto quando si riuniscono in branchi.

I cani vaganti sul territorio, singoli od in branchi, possono:

  • rappresentare un potenziale rischio di aggressione per le persone
  • diventare serbatoio e veicolo di malattie infettive ed infestive, alcune delle quali trasmissibili all’uomo, non essendo sottoposti ad alcun controllo sanitario
  • essere causa di incidenti stradali; ogni anno si registrano centinaia di incidenti stradali, anche mortali, causati da animali randagi: “chi abbandona un cane, dunque, non solo commette un reato penale (legge 189/2004), ma potrebbe rendersi responsabile di omicidio colposo”
  • arrecare danni al bestiame domestico allevato
  • arrecare danni agli animali selvatici
  • alimentare il fenomeno del randagismo, in quanto non sterilizzati e spesso notevolmente prolifici
  • essere causa di degrado ed inquinamento ambientale sia nel contesto urbano, che nelle campagne, con conseguente polluzione di pest (ratti, topi), sinantropi ed insetti che a loro volta costituiscono una possibile fonte di pericolo per l’uomo.