Diritti degli animali

L’insieme codificato da disposizioni legislative dei comportamenti umani verso gli animali e delle condizioni di vita degli animali, cui corrispondono responsabilità e doveri dell’uomo (e quindi della società), costituisce i “diritti degli animali”.

Tali diritti sono alla base di tutte le disposizioni che disciplinano il rapporto uomo-animale, sia per la tutela del benessere degli animali, sia per la protezione degli animali.

La prima testimonianza di diritto che riguarda specificatamente gli animali è stata sancita nel 1641 nel Massachussettes. Essa afferma che “nessun uomo può esercitare alcuna tirannia o crudeltà verso gli animali tenuti dall’uomo per il proprio utilizzo” e scaturisce, da un lato dalla vocazione animalista dei colonizzatori inglesi, dall’altro dal contatto quotidiano con gli animali da parte dei nativi.

Durante l’ultimo secolo scienziati, umanisti, zoofili, giuristi, sociologi e politici sono stati sollecitati ad affrontare il problema della tutela della vita animale nella società. Ne è scaturito un ampio dibattito mondiale dagli elevati contenuti etici, scientifici e politici che ha condotto alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Animale proclamata il 15 ottobre 1978 nella sede dell’Unesco a Parigi.

Anche se la Dichiarazione universale dei diritti dell’animale non ha alcun valore sul piano giuridico-legislativo, aver avvertito la necessità di confrontarsi su questo argomento rappresenta, per ogni persona e Paese, un passo avanti ed una scelta di civiltà.

Infatti, negli ultimi 25 anni, sono state emanate numerose disposizioni che confermano i diritti degli animali estendendo la disciplina legislativa ad ogni aspetto del rapporto con l’uomo e ad ogni fase dell’utilizzazione degli animali da parte dell’uomo.

In Italia, tali concetti sono stati chiaramente espressi nel 1961 dal Procuratore Generale della Corte Suprema di Cassazione Prof. Ernesto Eula:

«Per quanto concerne gli animali non si può parlare propriamente di soggettività giuridica mancando in loro quelle doti di razionalità, di libero volere e di responsabilità che sono proprie della personalità; non si può tuttavia considerarli come cose, ma creature sensibili che fanno parte della nostra convivenza, concorrendo ad integrare la nostra collettività. Si pone, naturalmente, in corrispondenza ai diritti degli animali, una somma di doveri per gli uomini, considerati singolarmente e nella loro collettività organizzata, impersonata nello Stato.»

Su questa linea si pone l’Accordo del 6 febbraio 2003 (pdf, 127 KB), siglato in sede di Conferenza Stato Regioni, tra il Ministero della Salute, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano e recepito con DPCM 28 febbraio 2003. L’accordo definisce alcuni principi fondamentali volti a realizzare una maggiore e sempre più corretta interrelazione tra uomo e animali da compagnia, assicurare in ogni circostanza il loro benessere, evitare che siano utilizzati in modo riprovevole e favorire lo sviluppo di una cultura di rispetto per la loro dignità anche nell’ambito delle realtà terapeutiche innovative come la pet-therapy.

La volontà degli organi di governo di riconoscere agli animali dignità di soggetti anche con disposizioni normative risponde all’accresciuta attenzione e diversa sensibilità della società nei confronti del mondo animale.

L’opinione pubblica ha maturato la consapevolezza che, oltre ad occuparsi delle loro condizioni igieniche e sanitarie, è necessario sviluppare un maggiore rispetto anche delle loro esigenze biologiche, delle loro caratteristiche comportamentali e, in generale, del loro benessere.

Il crescente interesse nei loro confronti trova un’ulteriore motivazione in un’organizzazione sociale caratterizzata da nuclei familiari sempre più ridotti e dall’aumento di persone sole che ricevono dai loro amici a quattro zampe sicura soddisfazione al bisogno di affetto e di compagnia. Gli animali d’affezione sono diventati veri e propri membri effettivi delle sempre più numerose famiglie che li accolgono, rivestono un ruolo nuovo e coinvolgente, a volte addirittura positivo per la salute umana.

Protezione animali da compagnia

Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia
Strasburgo, 13 novembre 1987

Preambolo

Gli Stati membri del Consiglio d’Europa, firmatari della presente Convenzione,

considerando che l’obiettivo del Consiglio d’Europa è di conseguire una maggiore coesione tra i suoi membri;

riconoscendo che l’uomo ha l’obbligo morale di rispettare tutte le creature viventi, ed in considerazione dei particolari vincoli esistenti tra l’uomo e gli animali da com­pagnia;

considerando l’importanza degli animali da compagnia a causa del contributo che essi forniscono alla qualità della vita e dunque il loro valore per la società;

conside­rando le difficoltà causate dalla grande varietà di animali tenuti dall’uomo;

considerando i rischi inerenti ad una sovrappopolazione animale per l’igiene, la sa­lute e la sicurezza dell’uomo e degli altri animali;

considerando che il mantenimento di esemplari di fauna selvatica come animali da compagnia non dovrebbe essere incoraggiato;

consapevoli delle diverse condizioni che regolano l’acquisto, il mantenimento, l’alle­vamento di tipo commerciale o non commerciale, la cessione ed il commercio di animali da compagnia;

consapevoli del fatto che gli animali da compagnia non sono sempre tenuti in condi­zioni atte a promuovere la loro salute ed il loro benessere;

constatando che i comportamenti nei confronti degli animali da compagnia variano notevolmente, talvolta per mancanza di nozioni e di consapevolezza;

considerando che una norma fondamentale comune di comportamento e di prassi che porti ad una condotta responsabile da parte dei proprietari degli animali da com­pagnia sia un obiettivo non solo auspicabile ma anche realistico,

hanno convenuto quanto segue:

Capitolo I – Disposizioni generali

Articolo 1 – Definizioni

1. Per animale da compagnia si intende ogni animale tenuto, o destinato ad essere tenuto dall’uomo, in particolare presso il suo alloggio domestico, per suo diletto e compagnia.

2. Per commercio di animali da compagnia si intende l’insieme di transazioni ef­fettuate in maniera regolare per quantitativi rilevanti ed a fini di lucro, che compor­tano il trasferimento di proprietà di tali animali.

3. Per allevamento e custodia di animali da compagnia a fini commerciali si inten­dono l’allevamento e la custodia praticati principalmente a fini di lucro per quanti­tativi rilevanti.

4. Per rifugio per animali si intende un istituto a fini non di lucro nel quale gli ani­mali da compagnia possono essere tenuti in congruo numero. Qualora la legislazione nazionale e/o le norme amministrative lo consentano, tale istituto può accogliere animali randagi.

5. Per animale randagio si intende ogni animale da compagnia senza alloggio dome­stico o che si trova all’esterno dei limiti dell’alloggio domestico del suo proprietario o custode e che non è sotto il controllo o la diretta sorveglianza di alcun proprietario o custode.

6. Per autorità competente, si intende l’autorità designata dallo Stato membro.

Articolo 2 – Settore di applicazione e attuazione

1. Ciascuna Parte si impegna a prendere i necessari provvedimenti per conferire effetto alle disposizioni della presente Convenzione per quanto riguarda:

a) gli animali da compagnia tenuti da una persona fisica o morale in qualsia­si alloggio domestico, o istituto per il commercio, l’allevamento e la custo­dia a fini commerciali di tali animali, nonché in ogni rifugio per animali;

b) se del caso, gli animali randagi.

2. Nessuna disposizione della presente Convenzione è intesa a pregiudicare l’attua­zione di altri strumenti per la protezione degli animali o per la preservazione delle specie selvatiche in pericolo.

3. Nessuna disposizione della presente Convenzione è intesa a pregiudicare la fa­coltà delle Parti di adottare norme più rigorose al fine di assicurare la protezione degli animali da compagnia o l’applicazione delle seguenti disposizioni a categorie di animali che non sono espressamente citate nel presente strumento.

Capitolo II – Principi per il mantenimento degli animali da compagnia

Articolo 3 – Principi fondamentali per il benessere degli animali

1. Nessuno causerà inutilmente dolori, sofferenze o angosce ad un animale da com­pagnia.

2. Nessuno deve abbandonare un animale da compagnia.

Articolo 4 – Mantenimento

1. Ogni persona che tenga un animale da compagnia o che abbia accettato di occu­parsene sarà responsabile della sua salute e del suo benessere.

2. Ogni persona che tenga un animale da compagnia o se ne occupi, deve provve­dere alla sua installazione e fornirgli cure ed attenzione, tenendo conto dei suoi bi­sogni etologici secondo la sua specie e la sua razza ed in particolare:

a) rifornirlo in quantità sufficiente di cibo e di acqua di sua convenienza;
b) procurargli adeguate possibilità di esercizio;
c) prendere tutti i ragionevoli provvedimenti per impedire che fugga.

3. Un animale non deve essere tenuto come animale da compagnia se:

a) le condizioni di cui al paragrafo 2 di cui sopra non sono soddisfatte, op­pure
b) benché tali condizioni siano soddisfatte, l’animale non può adattarsi alla cattività.

Articolo 5 – Riproduzione

Qualsiasi persona la quale selezioni un animale da compagnia per riproduzione, è tenuta a tener conto delle caratteristiche anatomiche, fisiologiche e comportamentali che sono di natura tale da mettere a repentaglio la salute ed il benessere della proge­nitura o dell’animale femmina.

Articolo 6 – Limiti di età per l’acquisto

Nessun animale da compagnia deve essere venduto ai minori di 16 anni senza il con­senso esplicito dei genitori o di altre persone che esercitano la responsabilità paren­tale.

Articolo 7 – Addestramento

Nessun animale da compagnia deve essere addestrato con metodi che possono dan­neggiare la sua salute ed il suo benessere, in particolare costringendo l’animale ad oltrepassare le sue capacità o forza naturale, o utilizzando mezzi artificiali che cau­sano ferite o dolori, sofferenze ed angosce inutili.

Articolo 8 – Commercio, allevamento e custodia a fini commerciali, rifugi per animali

1. Qualsiasi persona la quale, all’atto dell’entrata in vigore della Convenzione, pra­tichi il commercio o l’allevamento o la custodia di animali da compagnia a fini commerciali, o gestisca un rifugio per animali deve dichiararlo all’Autorità compe­tente entro un termine adeguato che sarà stabilito da ciascuna Parte.

Qualsiasi persona la quale intenda praticare una delle predette attività deve farne dichiarazione all’Autorità competente.

2. Questa dichiarazione deve indicare:

a) le specie di animali da compagnia in oggetto o che saranno in oggetto;
b) la persona responsabile e le sue nozioni in materia;
c) una descrizione dei locali ed attrezzature che sono o saranno utilizzati.

3. Le attività di cui sopra possono essere esercitate solamente se:

a) la persona responsabile è in possesso delle nozioni e della capacità necessa­rie all’esercizio di tale attività, avendo sia una formazione professionale, sia un’esperienza sufficiente per quanto riguarda gli animali da compa­gnia;

b) i locali e le attrezzature utilizzate per l’attività soddisfano ai requisiti di cui all’articolo 4.

4. L’Autorità competente stabilisce, in base alla dichiarazione effettuata in confor­mità con le disposizioni del paragrafo 1, se le condizioni di cui al paragrafo 3 sono soddisfatte o meno. Qualora non fossero sufficientemente soddisfatte, l’Autorità competente raccomanda provvedimenti e vieta l’inizio o il proseguimento del­l’attività se ciò è necessario ai fini della protezione degli animali.

5. L’Autorità competente deve, conformemente con la legislazione nazionale, con­trollare se le summenzionate condizioni sono soddisfatte o meno.

Articolo 9 – Pubblicità, spettacoli, esposizioni, competizioni e manifestazioni analoghe

1. Gli animali da compagnia non possono essere utilizzati per pubblicità, spet­tacoli, esposizioni, competizioni o manifestazione analoghe a meno che:

a) l’organizzatore non abbia provveduto a creare le condizioni necessarie per un trattamento di tali animali che sia conforme con i requisiti dell’articolo 4 paragrafo 2 e che

b) la loro salute ed il loro benessere non siano messi a repentaglio.

2. Nessuna sostanza deve essere somministrata ad un animale da compagnia, nessun trattamento deve essergli applicato, né alcun procedimento utilizzato per elevare o diminuire il livello naturale delle sue prestazioni:

a) nel corso di competizioni;

b) in qualsiasi altro momento, qualora ciò possa mettere a repentaglio la sa­lute ed il benessere dell’animale.

Articolo 10 – Interventi chirurgici

1. Gli interventi chirurgici destinati a modificare l’aspetto di un animale da compa­gnia, o finalizzati ad altri scopi non curativi debbono essere vietati, in particolare:

a) il taglio della coda;
b) il taglio delle orecchie;
c) la recisione delle corde vocali;
d) l’esportazione delle unghie e dei denti.

2. Saranno autorizzate eccezioni a tale divieto solamente:

a) se un veterinario considera un intervento non curativo necessario sia per ra­gioni di medicina veterinaria, sia nell’interesse di un determinato ani­male;

b) per impedire la riproduzione.

3. a) gli interventi nel corso dei quali l’animale proverà o sarà suscettibile di pro­vare forti dolori debbono essere effettuati solamente in anestesia e da un ve­terinario o sotto il suo controllo;

b) gli interventi che non richiedono anestesia possono essere praticati da una persona competente in conformità con la legislazione nazionale.

Articolo 11 – Uccisione

1. Solo un veterinario o altra persona competente deve procedere all’uccisione di un animale da compagnia, tranne che in casi di urgenza per porre fine alle sofferenze di un animale e qualora non si possa ottenere rapidamente l’assi­stenza di un veterinario o di altra persona competente, o in ogni altro caso di emergenza configurato dalla legislazione nazionale. Ogni uccisione deve essere effettuata con il minimo di soffe­renze fisiche e morali in considerazione delle circostanze. Il metodo prescelto, tranne che in casi di urgenza, deve:

a) sia indurre una perdita di coscienza immediata e successivamente la morte;

b) sia iniziare con la somministrazione di un’anestesia generale profonda se­guita da un procedimento che arrechi la morte in maniera certa.

La persona responsabile dell’uccisione deve accertarsi della morte dell’animale prima di eliminarne la spoglia.

2. Debbono essere vietati i seguenti metodi sacrificali:

a) l’annegamento ed altri sistemi di asfissia, se non producono gli effetti di cui al paragrafo 1, comma b;

b) l’utilizzazione di qualsiasi veleno o droga di cui non sia possibile control­lare il dosaggio e l’applicazione in modo da ottenere gli effetti di cui al paragrafo 1;

c) l’elettrocuzione a meno che non sia preceduta da un’immediata perdita di coscienza.

Capitolo III – Misure complementari per gli animali randagi

Articolo 12 – Riduzione del numero di animali randagi

Quando una Parte ritiene che il numero di animali randagi rappresenta un problema per detta Parte, essa deve adottare le misure legislative e/o amministrative necessarie a ridurre tale numero con metodi che non causino dolori, sofferenze o angosce che potrebbero essere evitate.

a) Tali misure debbono comportare che:

i) se questi animali debbono essere catturati, ciò sia fatto con il minimo di sofferenze fisiche e morali tenendo conto della natura dell’animale;

ii) nel caso che gli animali catturati siano tenuti o uccisi, ciò sia fatto in conformità con i principi stabiliti dalla presente Convenzione.

b) Le Parti si impegnano a prendere in considerazione:

i) l’identificazione permanente di cani e gatti con mezzi adeguati che cau­sino solo dolori, sofferenze o angosce di poco conto o passeggere, come il tatuaggio abbinato alla registrazione del numero e dei nominativi ed indirizzi dei proprietari;

ii) di ridurre la riproduzione non pianificata dei cani e dei gatti col pro­muovere la loro sterilizzazione;

iii) di incoraggiare le persone che rinvengono un cane o un gatto randagio, a segnalarlo all’Autorità competente.

Articolo 13 – Eccezioni per quanto concerne la cattura, il mantenimento e l’uccisione

Le eccezioni ai principi stabiliti nella presente Convenzione relative alla cattura, al mantenimento ed all’uccisione degli animali randagi saranno accolte solo se sono inevitabili nell’ambito dei programmi governativi di controllo delle malattie.

Capitolo IV – Informazione ed istruzione

Articolo 14 – Programmi di informazione e di istruzione

Le Parti si impegnano a promuovere lo sviluppo di programmi d’informazione e di istruzione al fine di incoraggiare tra le organizzazioni e gli individui interessati al mantenimento, all’allevamento, all’addestramento, al commercio ed alla custodia di animali da compagnia, la consapevolezza e la conoscenza delle disposizioni e dei principi della presente Convenzione. In tali programmi, dovrà in particolar modo essere richiamata l’attenzione sui seguenti punti:

a) l’addestramento di animali da compagnia a fini commerciali o di competi­zione, da effettuarsi da parte di persone con nozioni e competenze specifi­che;

b) la necessità di scoraggiare:

i) il dono di animali da compagnia ai minori di 16 anni senza l’espresso consenso dei loro genitori o di altre persone che esercitano la responsa­bilità parentale;

ii) il dono di animali da compagnia come premio, ricompensa, o omaggio;

iii) la procreazione non pianificata di animali da compagnia;

c) le eventuali conseguenze negative per la salute ed il benessere degli animali selvatici, del loro acquisto o inserimento come animali da compagnia;

d) i rischi derivanti dall’acquisto irresponsabile di animali da compagnia che porta ad un aumento del numero degli animali non voluti ed abbandonati.

Capitolo V – Consultazioni multilaterali

Articolo 15 – Consultazioni multilaterali

1. Le Parti procedono, entro un termine di cinque anni dall’entrata in vigore della Convenzione e successivamente ogni cinque anni, ed in ogni caso tutte le volte che una maggioranza dei rappresentanti delle Parti ne faccia richiesta, a consultazioni multilaterali in seno al Consiglio d’Europa al fine di esaminare l’attuazione della Convenzione nonché l’opportunità di una revisione o estensione di alcune sue di­sposizioni. Tali consultazioni si svolgeranno nel corso di riunioni convocate dal Se­gretario Generale del Consiglio d’Europa.

2. Ogni Parte ha diritto a nominare un rappresentante che partecipi a tali consulta­zioni. Ogni Stato membro del Consiglio d’Europa che non è Parte alla Convenzione ha diritto a farsi rappresentare a tali consultazioni da un osservatore.

3. Dopo ogni consultazione, le Parti sottopongono al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa un rapporto sulla consultazione ed il funzionamento della Con­venzione, includendovi, se lo ritengono necessario, proposte intese a recare emen­damento agli articoli da 15 a 23 della Convenzione.

4. Fatte salve le disposizioni della presente Convenzione, le Parti stabiliscono il regolamento interno delle consultazioni.

Capitolo VI – Emendamenti

Articolo 16 – Emendamenti

1. Ogni emendamento agli articoli da 1 a 14, proposto da una Parte o dal Comitato di Ministri, sarà comunicato al Segretario Generale del Consiglio d’Europa che provvederà a trasmetterlo agli Stati membri del Consiglio d’Europa, ad ogni Parte, e ad ogni Stato invitato ad aderire alla Convenzione in conformità con le disposizioni dell’articolo 19.

2. Ogni emendamento proposto in conformità con le disposizioni del paragrafo pre­cedente, è esaminato, almeno due mesi dopo la data della sua comunicazione da parte del Segretario Generale, nel corso di una consultazione multilaterale nella quale l’emendamento può essere approvato da una maggioranza di due terzi delle Parti. Il testo approvato è comunicato alle Parti.

3. Ogni emendamento entra in vigore alla scadenza di un periodo di dodici mesi dopo la sua approvazione in occasione di una consultazione multilaterale, a meno che una delle Parti non abbia notificato obiezioni.

Capitolo VII – Disposizioni finali

Articolo 17 – Firma, ratifica, accettazione, approvazione

La presente Convenzione è aperta alla firma degli Stati membri del Consiglio d’Europa. Essa sarà sottoposta a ratifica, accettazione o approvazione. Gli strumenti di ratifica, di accettazione o di approvazione saranno depositati presso il Segretario Generale del Consiglio d’Europa.

Articolo 18 – Entrata in vigore

1. La presente Convenzione entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di sei mesi dopo la data in cui quattro Stati membri del Consiglio d’Europa abbiano espresso il loro consenso ad essere vincolati dalla Con­venzione, in conformità con il disposto dell’articolo 17.

2. La Convenzione entrerà in vigore, per ogni Stato membro che esprima successi­vamente il suo consenso ad essere vincolato dalla Convenzione il primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di sei mesi dopo la data del deposito dello strumento di ratifica, di accettazione o di approvazione.

Articolo 19 – Adesione di Stati non membri

1. Dopo l’entrata in vigore della presente Convenzione, il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa potrà invitare ogni Stato non membro del Consiglio d’Europa ad aderire alla presente Convenzione, mediante decisione presa a maggioranza se­condo l’articolo 20 lettera d) dello Statuto del Consiglio d’Europa ed all’unanimità dai rappresentanti degli Stati contraenti abilitati a partecipare al Comitato dei Mini­stri.

2. La Convenzione entrerà in vigore, per ogni Stato membro, il primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di sei mesi dopo la data del deposito dello strumento d’adesione presso il Segretario Generale del Consiglio d’Europa.

Articolo 20 – Clausola territoriale

1. Ogni Stato può, all’atto della firma o del deposito del proprio strumento di rati­fica, di accettazione, di approvazione o di adesione, indicare il territorio o i territori ai quali si applicherà la presente Convenzione.

2. Ogni Parte può in qualsiasi momento successivo, tramite dichiarazione rivolta al Segretario Generale del Consiglio d’Europa, estendere l’applicazione della presente Convenzione ad ogni altro territorio indicato nella dichiarazione. La Convenzione entrerà in vigore nei confronti di detto territorio il primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di sei mesi dopo la data di ricezione della dichiarazione da parte del Segretario Generale.

3. Ogni dichiarazione fatta ai sensi dei due paragrafi precedenti potrà essere ritirata, per quanto concerne ogni territorio indicato nella predetta dichiarazione, mediante notifica inviata al Segretario Generale. Il ritiro avrà effetto il primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di sei mesi dopo la data di ricezione della notifica da parte del Segretario Generale.

Articolo 21 – Riserve

1. Ogni Stato può, all’atto della firma o del deposito del proprio strumento di rati­fica, di accettazione, di approvazione o di adesione, dichiarare di avvalersi di una o più riserve riguardo all’articolo 6 ed al comma a del paragrafo 1 dell’articolo 10. Nessun’altra riserva può essere fatta.

2. Ogni Parte che abbia formulato una riserva ai sensi del paragrafo precedente può ritirarla interamente o in parte inviando una notifica al Segretario Generale del Con­siglio d’Europa. Il ritiro avrà effetto alla data di ricezione della notifica da parte del Segretario Generale.

3. La Parte che ha formulato una riserva nei riguardi di una disposizione della pre­sente Convenzione non può richiedere l’applicazione di tale disposizione ad un’altra Parte; tuttavia essa può, se la riserva è parziale o condizionale, domandare l’appli­cazione di tale disposizione nella misura in cui essa stessa l’ha accettata.

Articolo 22 – Denuncia

1. Ogni Parte può, in ogni tempo, denunciare la presente Convenzione inviando una notifica al Segretario Generale del Consiglio d’Europa.

2. La denuncia avrà effetto il primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di sei mesi dopo la data di ricezione della notifica da parte del Segretario Generale.

Articolo 23 – Notifiche

Il Segretario Generale del Consiglio d’Europa notificherà agli Stati membri del Con­siglio e ad ogni Stato che abbia aderito alla presente Convenzione o sia sta­to invitato a farlo:

a) ogni firma;

b) il deposito di ogni strumento di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione;

c) ogni data di entrata in vigore della presente Convenzione conformemente con gli articoli 18, 19, 20 della stessa Convenzione;

d) ogni altro atto, notifica o comunicazione relativa alla presente Convenzione.

In fede di che i sottoscritti, a tal fine debitamente autorizzati, hanno firmato la pre­sente Convenzione.

Fatto a Strasburgo il 13 novembre 1987 in francese ed in inglese, i due testi facenti ugualmente fede, in un unico esemplare che sarà depositato negli archivi del Consi­glio d’Europa. Il Segretario Generale del Consiglio d’Europa ne trasmetterà copia certificata conforme a ciascuno degli Stati membri del Consiglio d’Europa e ad ogni Stato invitato ad aderire alla presente Convenzione.

Randagismo

Il 14 agosto 1991 è stata approvata dal Parlamento la Legge n. 281 – Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo.

La legge ha rappresentato un elemento di forte innovazione rispetto alla precedente normativa nazionale.

Tra le innovazioni introdotte dalla Legge 281/91 vi è il divieto (art. 2, comma 2) della soppressione dei cani vaganti accalappiati o comunque ricoverati o detenuti presso i canili sanitari come sino ad allora era stabilito dal “Regolamento di Polizia Veterinaria” (RPV) – DPR n. 320 dell’8 febbraio 1954.
Il principio così detto “no kill” introdotto dalla legge 281 ha rappresentato per molti anni una prerogativa unica del nostro Paese. Recentemente anche altri Paesi hanno adottato il divieto di soppressione o hanno progetti di legge in discussione per la sua adozione.

La legge 281/91, all’articolo 8 prevede l’istituzione, presso il Ministero della sanità, di un fondo per la sua attuazione a decorrere dall’anno 1991. Il Ministro, con proprio decreto, ripartisce annualmente tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano le disponibilità di tale fondo.

La Legge prevede, inoltre, l’identificazione dei cani e l’istituzione dell’anagrafe canina a livello locale.

L’ Accordo 6 febbraio 2003 tra il Ministero della salute, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano “in materia di benessere degli animali da compagnia e pet-therapy”, al fine di ridurre il fenomeno del randagismo canino ha previsto una serie di misure quali:

l’introduzione del microchip come unico sistema ufficiale di identificazione dei cani, a decorrere dal 1° gennaio 2005;
la creazione di una banca dati informatizzata, su base regionale o provinciale;
l’attivazione di una banca dati nazionale istituita presso il Ministero della salute (Anagrafe canina nazionale), alla quale confluiscono i dati delle anagrafi regionali. Tale sistema nazionale consente la restituzione al proprietario degli animali che si sono perduti, il monitoraggio della popolazione canina e del rilascio dei passaporti, concorrendo così a ridurre i cani vaganti e prevenire il fenomeno degli abbandoni.

La Legge 189 del 20 luglio 2004 – “Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate”.

La legge 189/2004 apporta modifiche al codice penale ed in particolare introduce, con il titolo IX bis, i “delitti contro il sentimento per gli animali”.
In particolare sono disciplinati i reati di uccisione di animali, maltrattamento di animali, combattimenti tra animali.

Inoltre l’articolo 727 del codice penale è stato sostituito con il seguente:
(Abbandono di animali) – Chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro. Alla stessa pena soggiace chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze”.

Con la legge 189/2004 l’Italia, primo paese in Europa, ha sancito il divieto di utilizzo a fini commerciali di pelli e pellicce di cani (Canis familiaris) e gatti (Felis catus).

Dal 31 dicembre 2008 entrerà in applicazione il Regolamento (CE) n. 1523/2007 dell’11 dicembre 2007 che vieta la commercializzazione, l’importazione nella Comunità e l’esportazione fuori della Comunità di pellicce di cane e di gatto e di prodotti che le contengono.

Rischi del randagismo

Dai dati rilevati sul territorio nazionale risulta che in molte regioni, soprattutto del Sud, il fenomeno del randagismo, ha raggiunto livelli drammatici ed è spesso fuori controllo.

Dall’ultima rendicontazione annuale (riferita all’anno 2006) inviata dalle regioni e dalle province autonome al Ministero della Salute, risultano 6.000.000 cani di proprietà e 590.000 cani randagi di cui solo un terzo ospitati nei canili rifugio.

I cani abbandonati continuano ad alimentare la popolazione vagante, inoltre molte femmine gravide partoriscono ed i cuccioli che non muoiono di stenti, diventando adulti, rappresentano un ulteriore serbatoio di randagi.
Alcuni di questi cani inoltre sono poco socializzati con l’uomo e si trasformano in soggetti “inselvatichiti” il cui controllo è più problematico, soprattutto quando si riuniscono in branchi.

I cani vaganti sul territorio, singoli od in branchi, possono:

  • rappresentare un potenziale rischio di aggressione per le persone
  • diventare serbatoio e veicolo di malattie infettive ed infestive, alcune delle quali trasmissibili all’uomo, non essendo sottoposti ad alcun controllo sanitario
  • essere causa di incidenti stradali; ogni anno si registrano centinaia di incidenti stradali, anche mortali, causati da animali randagi: “chi abbandona un cane, dunque, non solo commette un reato penale (legge 189/2004), ma potrebbe rendersi responsabile di omicidio colposo”
  • arrecare danni al bestiame domestico allevato
  • arrecare danni agli animali selvatici
  • alimentare il fenomeno del randagismo, in quanto non sterilizzati e spesso notevolmente prolifici
  • essere causa di degrado ed inquinamento ambientale sia nel contesto urbano, che nelle campagne, con conseguente polluzione di pest (ratti, topi), sinantropi ed insetti che a loro volta costituiscono una possibile fonte di pericolo per l’uomo.

Possesso responsabile animale domestico

La diffusione della cultura del possesso responsabile è un elemento essenziale per la lotta al randagismo.

Quasi una famiglia italiana su due convive con un animale domestico e più di una su tre con un cane o un gatto.
Il rapporto con gli animali domestici, tuttavia, in molti casi è basato sull’improvvisazione e sull’emotività; nel pensiero comune prevale la convinzione che tutti possano essere in grado di gestire un cane, indipendentemente dalle conoscenze rispetto a tale specie animale e alle sue caratteristiche etologiche.
Il positivo aumento della sensibilità nei confronti degli animali registrato in questi ultimi decenni è solo parzialmente andato di pari passo con la consapevolezza della necessità di acquisire informazioni e cognizioni sui diritti dell’animale e sui doveri in carico a colui che vive in compagnia di un animale domestico.

Vivere con un cane rappresenta una grande opportunità per migliorare la qualità della propria vita;
un cane infatti può:

  • aiutare i bambini e gli adolescenti a crescere in modo equilibrato e responsabile, migliorandone la capacità di socializzazione e favorendo il senso di appartenenza e aggregazione familiare;
  • stimolare il rapporto con il mondo esterno e la natura;
  • mitigare, in determinate situazioni, il senso di solitudine sociale o morale

Tuttavia il rapporto con il cane non è intuitivo: talvolta le persone tendono a “umanizzare” il proprio cane causandogli inconsapevolmente problemi comportamentali e stati di sofferenza, altre volte tendono ad approcciarlo come uno dei tanti oggetti che riempiono la loro vita, un giocattolo o una macchina, senza tener conto dei suoi bisogni etologici e dei suoi diritti in quanto essere senziente.

Il futuro proprietario, chiedendo consiglio al medico veterinario, deve informarsi:

  1. sulle esigenze fisiologiche ed etologiche dei cani, in base anche alla taglia e alle attitudini di razza, puntando sulla conoscenza per arrivare ad un possesso responsabile;
  2. sugli obblighi normativi, etici e di civile convivenza che derivano dal possesso di un cane;
  3. sulla corretta gestione del cane, anche in merito alla sua attività riproduttiva.

Ogni proprietario deve:

  • conoscere gli obblighi di legge:
    • obbligo di microcippare il proprio cane da un medico veterinario e inscriverlo contestualmente nella anagrafe canina;
    • obbligo di munire di passaporto il proprio animale (cane, gatto o furetto), se si intende superare i confini nazionali;
    • obbligo di idonea museruola per i cani non condotti al guinzaglio quando si trovano nelle vie o in altro luogo aperto al pubblico;
    • obbligo della museruola e del guinzaglio per i cani condotti nei locali pubblici e nei pubblici mezzi di trasporto;
    • obbligo di raccogliere le deiezioni da marciapiedi e strade e a tal fine munirsi sempre dell’indispensabile attrezzatura.
  • operare un’attenta gestione della vita riproduttiva del proprio animale, per non incrementare il numero degli abbandoni determinati da cucciolate indesiderate e di difficile collocazione. Non bisogna dimenticare mai che la sorte di molti cuccioli rischia di essere il canile, la strada, la fame, le malattie, i maltrattamenti, la morte. Spesso non si può dare per certa neanche la sistemazione dei cuccioli presso parenti ed amici, si rischia infatti che gli affidi si tramutino in abbandoni.

Le nuove normative sui cani

L’Ordinanza del 3 marzo 2009  (Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 68 del 23 marzo) concernente la tutela dell’incolumità pubblica dall’aggressione dei cani ha introdotto sostanziali novità rispetto a quelle emanate nel passato.
In particolare ha eliminato l’elenco  di “razze pericolose”, privo di riferimento scientifico in letteratura di medicina veterinaria , in quanto non è possibile stabilire il rischio di una maggiore aggressività dei cani in base alla loro razza o ai loro incroci.

Responsabilità civile e penale dei proprietari
Ai fini della prevenzione del rischio di aggressione da parte di cani l’Ordinanza ha attribuito un ruolo fondamentale alla responsabilità dei proprietari.
Il proprietario di un cane, infatti, è sempre responsabile del benessere e del controllo del proprio animale, pertanto risponde sia civilmente che penalmente dei danni o lesioni che questi arreca a persone, animali o cose.

Viene inoltre introdotto per la prima volta l’obbligo di utilizzare sempre e in ogni luogo il guinzaglio ad una misura non superiore a mt. 1,50 per i cani condotti nelle aree urbane e nei luoghi aperti al pubblico – fatte salve le aree per cani individuate dai Comuni – e di avere sempre con sé la museruola (rigida o morbida) da applicare in caso di potenziale pericolo, nonché l’obbligo di affidare il proprio animale solo a persone in grado di gestirlo.
Il proprietario ed il detentore devono, inoltre, assumere informazioni sulle caratteristiche fisiche ed etologiche dei cani e sulle normative in vigore.
E’  fatto obbligo a chiunque conduca il cane in ambito urbano raccoglierne le feci e avere con sé strumenti idonei alla raccolta delle feci.

Percorsi formativi per i proprietari di cani
Per favorire la formazione e l’acquisizione di adeguate cognizioni sulla corretta detenzione di un cane e ai fini della prevenzione di danni o lesioni ad altri, i Comuni congiuntamente con i Servizi Veterinari delle Asl, avvalendosi anche degli Ordini professionali dei Medici Veterinari, delle Associazioni di Medici Veterinari, delle Facoltà di Medicina Veterinaria e delle Associazioni di Protezione degli Animali, devono mettere a disposizione dei percorsi formativi per i proprietari di cani. Tali percorsi formativi, con rilascio di specifica attestazione denominata patentino, divengono obbligatori per i proprietari di cani che richiedono una valutazione comportamentale in quanto impegnativi per la corretta gestione ai fini della tutela dell’incolumità pubblica identificati a livello territoriale.
Il Decreto del 26 novembre 2009 ha definito i contenuti del corso base.

Per la prima volta in Italia viene conferito un ruolo anche ai medici veterinari libero professionisti in materia di prevenzione. A loro infatti spetta l’informazione dei proprietari di cani che transitano dalle loro strutture rispetto alla possibilità o alla necessità di conseguire “il patentino”. Inoltre vengono posti in rete con i Servizi Veterinari pubblici al fine di segnalare situazioni a rischio a tutela della salute pubblica.

Registro dei cani morsicatori e con problemi di comportamento
I Servizi Veterinari delle ASL, nel caso in cui rilevino un rischio, stabiliscono le misure di prevenzione e la necessità di eventuali interventi terapeutici comportamentali cui devono essere sottoposti i cani che richiedono una valutazione comportamentale in quanto impegnativi per la corretta gestione ai fini della tutela dell’incolumità pubblica e tengono un registro aggiornato di tali soggetti.

I proprietari dei cani iscritti nel registro devono obbligatoriamente stipulare una polizza di assicurazione di responsabilità civile e applicare contestualmente guinzaglio e museruola al proprio animale quando si trovano in aree urbane e nei luoghi aperti al pubblico.

Divieti
L’Ordinanza del 3 marzo 2009 vieta:

  • l’addestramento di cani che ne esalti l’aggressività;
  • qualsiasi operazione di selezione o di incrocio di cani con lo scopo di svilupparne l’aggressività;
  • la sottoposizione di cani a doping, cosi’ come definito all’art. 1, commi 2 e 3, della legge 14 dicembre 2000, n. 376;
  • gli interventi chirurgici destinati a modificare la morfologia di un cane o non finalizzati a scopi curativi, con particolare riferimento a:
    • recisione delle corde vocali;
    • taglio delle orecchie;
    • taglio della coda, fatta eccezione per i cani appartenenti alle razze canine riconosciute alla F.C.I. con caudotomia prevista dallo standard, sino all’emanazione di una legge di divieto generale specifica in materia. Il taglio della coda, ove consentito, deve essere eseguito e certificato da un medico veterinario, entro la prima settimana di vita dell’animale;
  • la vendita e la commercializzazione di cani sottoposti a tali interventi chirurgici.

Gli interventi chirurgici su corde vocali, orecchie e coda sono consentiti esclusivamente con finalità curative e con modalità conservative certificate da un medico veterinario. Il certificato veterinario segue l’animale e deve essere presentato ogniqualvolta richiesto dalle autorità competenti.

Gli interventi chirurgici effettuati in violazione al presente articolo sono da considerarsi maltrattamento animale ai sensi dell’articolo 544-ter del codice penale.

Consulta il testo dell’Ordinanza del 3 marzo 2009 pubblicata nel Portale della normativa sanitaria

Il Furetto

Il furetto è una animale molto complesso, i suoi comportamenti e la sua psicologia sono simili a quelli degli altri animali domestici, ma come qualsiasi specie ha delle abitudini e dei modi di comunicare con i propri simili e con gli umani che sono tutti suoi.

Ogni singolo furetto ha una personalità ed una psicologia che varia tanto quanto quella degli esseri umani, si possono dare solo indicazioni generali sul suo comportamento, ciascun individuo, maschio o femmina, giovane o adulto potrà essere un’eccezione o comunicare in altri modi.

In generale il furetto si comporta come una via di mezzo tra un cane ed un gatto, è affettuoso e bisognoso di coccole, ma all’occorrenza sa essere indipendente e spavaldo. Impara ad accorrere al suo nome, a giocare con la palla e ad uscire al guinzaglio ed impara ad usare la cassetta igienica per i bisogni. Il furetto è attratto da qualunque cosa che assomigli ad un tunnel o ad un buco, forse perché ricorda le tane che abitava qualche migliaio di anni fa, prima dell’incontro con l’uomo.

Il furetto è un animale che per tutta la vita mantiene un’indole giocosa, curiosa e vivace, come un cucciolo.

I furetti sono in genere animali sociali, che però possono adattarsi ad una vita da “single” se presi molto piccoli. I furetti amano stare in gruppo e la socializzazione tra più furetti è molto interessante; tendono ad instaurare rapporti gerarchici, c’è un “capo branco” che può essere un maschio o una femmina, la gerarchia viene instaurata a seconda dell’età e del  carattere più o meno prepotente ed equilibrato del soggetto.

Quando in un branco si introduce un nuovo soggetto i furetti litigano per la supremazia, ma a parte qualche graffio o morso le lotte non hanno solitamente esiti dannosi per la salute dell’animale.

Tutti i furetti sono animali curiosi e tendono ad investigare qualunque nuovo stimolo gli venga sottoposto. Guardare un furetto mentre si muove e gioca in casa è un’esperienza esilarante e gaia, quando gioca e saltella, danzando di qua e di la, oppure quando cerca di raggiungere oggetti nascosti e si incaponisce per prenderli.

Maschio o femmina?

I furetti maschi e femmine sono simili dal punto di vista affettivo e caratteriale, in generale il carattere di un furetto non dipende dal sesso, ma varia da soggetto a soggetto; alcuni esperti ritengono che i maschi sono più “vivaci e coccoloni“, mentre le femmine sono più tranquille ed indipendenti. Le differenze maggiori sono a livello anatomico: i maschi sono più grandi e possono arrivare a pesare oltre i due chilogrammi e le femmine sono più piccole, in genere arrivano a pesare poco più di un chilo. La grande differenza estetica tra maschi e femmine, oltre che nella dimensione e nel peso è nella forma del muso e della testa: un maschio ha la testa più grande, più tonda, è più simile ad un orsacchiotto, mentre la femmina di solito ha una testa più piccola con il muso più allungato. Le femmine sono più facilmente trasportabili, data la loro taglia più contenuta e arrivano ad arrampicarsi un po‘ dovunque in casa, anche se in genere ii furetti non sono buoni arrampicatori. I maschi sono più grandi e possenti, entrambe si possono tranquillamente portare fuori al guinzaglio. Ultimamente alcuni allevatori cercano di selezionare razze di furetto più grandi perché giudicate più piacevoli e quindi maggiormente apprezzate. I furetti molto piccoli assomigliano molto ai roditori e spesso alcune persone ne sono infastidite dall’aspetto.

Nella differenza anatomica tra maschi e femmine c‘è da considerare anche l‘aspetto dell‘odore e della riproduzione. Il furetto maschio quando raggiunge la maturità sessuale ed è il periodo della riproduzione secerne degli ormoni che stimolano le ghiandole sebacee ed odoripare poste su tutto il corpo ed emette da tutta la superficie corporea un odore molto forte e pungente, che pur essendo molto apprezzato dalle femmine di furetto, infastidisce molto gli esseri umani. Le femmine invece quando è il periodo del calore hanno un odore forte, la vulva si presenta edematosa, ma non perde sangue. Il problema è che il calore delle femmine di furetto non regredisce spontaneamente come negli altri mammiferi domestici, durante l‘estro produce ormoni che inibiscono la formazione di globuli rossi, in molti casi se la femmina non viene coperta o stimolata ormonalmente può morire di anemia.

L‘accoppiamento nei furetti è un atto molto violento: il maschio morde la femmina sulla collottola e la trascina in un angolo per l‘accoppiamento. L‘atto sessuale può durare da una quindicina di minuti fino a due ore. Tale atto viene ripetuto più volte. La gestazione della femmina di furetto dura 42 giorni ed il numero dei cuccioli varia da 5 a 14. I cuccioli alla nascita sono glabri, stanno nel nido con la madre fino al raggiungimento del mese di vita, quando il pelo assume un aspetto grossomodo definitivo ed aprono gli occhi. Lo svezzamento avviene a 6 settimane di vita. Quando si acquista un furetto vale la regola di acquistarlo il più giovane possibile, coerentemente con i tempi di svezzamento, quindi l’età ideale per prendere un furetto è intorno alle otto settimane di vita. Se è possibile è sempre meglio scegliere un cucciolo che sia stato maneggiato molto durante l’infanzia, che sia stato abituato alla sabbietta e che sia già stato vaccinato.

Il furetto è un animale che in genere non ama stare da solo, infatti è sempre meglio tenere insieme due o più furetti per evitare che soffrano di solitudine e che per noia creino disastri nelle abitazioni che li ospitano.

Capire il furetto

COMPORTAMENTO SIGNIFICATO
Il furetto gonfia la coda a modi spazzola Quando il furetto si trova davanti ad una novità ed è spaventato e non tranquillo. In genere si manifesta in un nuovo ambiente o in presenza di altri animali sconosciuti, oppure quando è agitato ed arrabbiato.
Il furetto scodinzola come un cane Questo comportamento segnala uno stato di eccitazione, in senso positivo o negativo. In genere è per indicare un agguato.
Il furetto soffia come un gatto Si sente minacciato ed è sulle difensive, avvisa di fare attenzione.
Il furetto inarca la schiena In genere vuole essere grattato sul dorso
Il furetto inarca la schiena, saltella sulle 4 zampe ed emette un suono tipo “co-co-co”, sembra che danzi Vuol invitare al gioco e si diverte, occorre fare solo attenzione che non ci siano ostacoli o dislivelli, durante il gioco il furetto non riconosce altezza e pericolo
Il furetto gira per la stanza emettendo il suono “co-co-co” Quando emette questo suono in genere il furetto è molto contento ed eccitato positivamente. Il maschio in genere emette questo suono per invitare la femmina ad accoppiarsi
Il furetto prende per la collottola altri furetti In genere è un segno di dominanza, spesso il maschio prende per la collottola la femmina e la trascina nella tana per accoppiarsi, è un comportamento che possono avere anche maschi o femmine sterilizzati. Se è una femmina con i cuccioli a farlo è per insegnare loro qualche lezione.
Il furetto alza la coda e si mette in un angolo Deve fare i bisogni
Il furetto emette un suono tipo un grido E’ molto spaventato o avverte un forte dolore
Il furetto si gratta di continuo Possono essere in genere due le cause: una muta del pelo e un normale prurito fisiologico o un’infestazione da parassiti.
Il furetto si mette le zampe in bocca ripetutamente Potrebbe avere qualcosa incastrato nei denti, nel palato oppure potrebbe avvertire un senso di nusea
Il furetto starnutisce o tossisce Se non sono presenti patologie in genere la causa è la polvere.
Il furetto emette l’odore dalle ghiandoli para anali Quando il furetto è spaventato o molto eccitato e non è sacculectomizzato emette il fluido puzzolente delle ghiandole para anali
Il furetto morde Il morso di un furetto può avere varie origini: se l’animale non stringe lo fa per giocare. Se il morso è a sangue ci possono essere varie cause: alimentazione errata o insufficiente, aggressività o paura dell’animale, animale con traumi comportamentali
Il furetto inarca la schiena e batte le zampe anteriori sul terreno Il furetto è molto arrabbiato e sulle difensive
Il furetto si alza sulle zampe posteriori Quando c’è qualcosa di molto interessante in alto e vuole allungarsi
Il furetto struscia i genitali sugli oggetti lasciando fluidi In genere è un comportamento di animali non sterilizzati per segnare il territorio durante il calore (sia maschi che femmine, ma soprattutto maschi)
Il furetto perde il pelo nella coda La causa può essere uno squilibrio ormonale dovuto a vari fattori
Il furetto perde il pelo in genere Se la perdita è uniforme e non ci sono zone alopeciche è la muta stagionale che avviene due volte all’anno circa. Se ci sono zone glabre potrebbe esserci una patologia in corso
Il furetto pulisce le orecchie ai suoi simili E’ un comportamento per stabilire un’unione nel clan famigliare
Il furetto trotterella per la stanza, si infila nei buchi ed aspetta Significa che è felice e vuole giocare
Il furetto dorme pesantemente e non si sveglia Può accadere che un furetto non si svegli dal sonno anche se preso in braccio, i mustelidi possono avere un sonno molto pesante, non è nulla di grave
Il furetto scava nell’acqua, nella terra, sul tappeto, ecc. Il comportamento del furetto è normale, scava nell’acqua per farsi il bagno e nella terra, gommapiuma, ecc. per giocare e creare tunnel
Il furetto nasconde giocattoli e cibo negli angoli E’ un comportamento normale, è ciò che rimane dell’istinto atavico di nascondere la preda per mangiarla in seguito
Il furetto lecca il padrone In genere è un atteggiamento di pacificazione e di gratitudine, a volte lecca la pelle del padrone per il sapore salato.
Il furetto ha dei puntini neri sulla coda Di solito è più visibile nei furetti albini ed in genere è semplicemente un eccesso di sebo
Il furetto si appiattisce per terra come una pelle di orso In genere significa che ha caldo e cerca refrigerio sul pavimento fresco
Il furetto lecca la propria urina o quella dei suoi simili E’ un atteggiamento molto frequente, ma la causa non è nota
Il furetto trema In genere i furetti tremano per due ragioni: quando si svegliano tremano per riportare allo stato normale la loro temperatura corporea oppure tremano per uno stato di eccitazione e di nervosismo o paura
Il furetto si lamenta In genere i furetti giovani emettono un verso come di lamento per chiamare la mamma e per richiamare attenzione da parte del padrone

 

 

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LE 10 COSE CHE UN FURETTO VI CHIEDE

Di F.Biagioni

1. La mia vita durerà probabilmente 8-10 anni, e qualsiasi separazione da te sarà dolorosa per me. Ricordalo prima di acquistarmi.

2. Lasciami il tempo di capire quello che ti aspetti da me.

3. Avere la tua fiducia è importantissimo per il mio benessere.

4. Non essere arrabbiato con me troppo a lungo e non rinchiudermi per punizione. Tu hai il tuo lavoro, i tuoi passatempi e i tuoi amici. Io ho solo te.

5. Parlami ogni tanto. Anche se non capisco le parole, quando mi parli io capisco la tua voce.

6. Sii certo che qualsiasi sia il modo in cui mi mostrerai la tua fiducia, io non lo dimenticherò mai.

7. Prima di punirmi ricordati che ho delle mascelle che potrebbero facilmente rompere le ossa della tua mano, ma che ho scelto di non morderti mai così duramente.

8. Prima di rimproverarmi per essere “non collaborativo”, “testardo” o “triste”, domandati se non vi sia qualcosa che mi disturba. Magari non sto avendo le giuste attenzioni, oppure non sto bene.

9. Abbi cura di me quando sarò vecchio, anche tu invecchierai.

10. Resta accanto a me nel mio ultimo viaggio. Non dire “Non sopporto di vederlo” o “Che accada quando non ci sono”. Ti prego, non dire mai “Che lo faccia il veterinario”. Ogni cosa sarà più facile se tu mi sarai accanto, con il tuo amore per me.

Nota: Autore: dott. Kiumars Khadivi- Dinboli medico veterinario
Rivisto da: dott. Juri Ravasi

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